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Non era nato a Parma, eppure, forse mai nessuno come lui seppe conoscere l’animo dei parmigiani.

Entrava nelle case di tutti e da tutti riceveva confidenza: non era colto e godeva l’amicizia dei letterati; era povero ed era chiamato nelle case dei ricchi: per i poveri era un fratello, per i disperati una speranza.

Vi fu chi non capì il suo modo di agire, perché aveva qualcosa che lo distingueva dagli altri: la Carità. Una Carità sempre serena e festosa, che lo rese profeta e precursore di tempi nuovi.


 


SULLE ORME DI PADRE LINO

Documentario a cura di Giancarlo Gonizzi, promosso dalla Associazione Amici di Padre Lino


Figlio di un funzionario statale dell’Impero Austro-Ungarico, il piccolo Alpinolo era nato a Spalato il 30 agosto 1866. Portava un nome francese: Maupas, perché il padre Giovanni discendeva da una nobile famiglia francese trapiantata in Dalmazia dall’occupazione napoleonica, ma si sentiva profondamente italiano. Sua madre, Rosa Marini, di Avezzano in Abruzzo, era stata attrice di talento e gli trasmise la gioia di vivere, la ricchezza interiore, l’amore per tutte le creature e la capacità di vedere il bene che si nasconde in ogni persona.

Compiuto il noviziato presso i Francescani di Capodistria, nel 1882 aveva vestito il saio, ma quattro anni dopo, terminati gli studi, per l’opposizione dei superiori a causa dei suoi sentimenti italiani, aveva lasciato il convento ed era tornato in famiglia. Arruolatosi nella Guardia di Finanza, ebbe un periodo di sbandamento che doveva lasciare nel suo animo le stimmate dell’amarezza, ma anche la comprensione per ogni forma di smarrimento.

Nel 1888, grazie al sostegno dello zio, Mons. Pietro Doimo, arcivescovo di Zara chiese di rientrare nell’ordine di San Francesco col nome di Frate Lino e, ripetuto il Noviziato, questa volta in Italia, nel convento di Fucecchio, in Toscana, veniva consacrato sacerdote a Rimini il 30 novembre del 1890. Si preparava alla missione in Albania, ma l’aggravarsi di un disturbo alla vista lo costringeva ad un intervento a Bologna e ad una lunga convalescenza.

Da qui, come guidato da una misteriosa mano, Padre Lino, dopo quasi due anni di permanenza nel convento di Cortemaggiore, il 18 giugno 1893 giunse ventisettenne nella città emiliana dove sarebbe rimasto per tutta la vita.

Parma, perduti i fasti e gli splendori di capitale del piccolo ducato padano, con l’Unità d’Italia era divenuta una semplice provincia del Regno, città fra le più agitate da contrasti sociali ed economici e fra le più afflitte dalla miseria dei suoi rioni popolari, regno dei pidocchi e della tubercolosi, della fame e della malavita.

Padre Lino giunse nella Parrocchia dell’Annunziata, situata al centro della zona povera dell’Oltretorrente, con l’incarico di Cappellano. Egli diventò in pochi anni, pur modesto e schivo, la figura più popolare della città.

Francescano autentico, era mosso da una immensa carità che lo spingeva quotidianamente al soccorso dei fratelli più bisognosi. Iniziò così la sua meticolosa, costante opera di ricerca, di accostamento dei poveri, degli ignoranti, dei bimbi, di chi era uscito dalle leggi del vivere civile.

Nominato cappellano del Carcere di San Francesco e quindi del Riformatorio minorile della Certosa, si prodigò a favore dei bisognosi e dei disperati, rinunciando al cibo e al sonno per i suoi poveri e conducendo una vita che lo avrebbe ben presto portato ad una vecchiaia precoce.

Muore presso il Pastificio Barilla il 14 maggio 1924 mentre chiede la suo amico e benefattore Riccardo Barilla l’assunzione per un giovane disoccupato.

Il 25 luglio 1942 ha inizio presso la Curia vescovile di Parma il processo di beatificazione di Padre Lino, che nell’aprile 1999 viene dichiarato Venerabile.